Consulenza finanziaria: un termine abusato.

Consulenza finanziaria indipendente.

proviamo a fare un po' di chiarezza...

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venerdì 2 luglio 2010

Quanto mi fa guadagnare? Il peggiore tra tutti i possibili approcci...



 


La scorsa settimana ci è venuto a trovare in Studio un possibile nuovo cliente che ci è stato indirizzato da un nostro assistito.
Durante l'incontro abbiamo innanzitutto ascoltato per capire e valutare con attenzione le caratteristiche, il profilo di rischio, le esigenze del nostro interlocutore. Per quanto invece ci conviene, abbiamo  spiegato come amiamo svolgere la nostra attività, ciò che riteniamo corretto e ciò che non desideriamo fare. Abbiamo anche spiegato che cerchiamo di lavorare senza fretta e - possibilmente - senza ansia. Il nostro obbiettivo è cercare di ottenere efficienza piuttosto che inseguire le performance.
L'incontro è proseguito in modo apparentemente proficuo fino a quando, verso la fine, ci sono state poste due domande che ci hanno lasciato senza parole e che ci hanno fatto propendere all'abbandono della possibile consulenza:
  1. Quanto mi fate guadagnare, se decido di collaborare con voi?
  2. Con il mio intermediario guadagno x%. Mi garantite che con voi guadagnerò di più?
Per qualunque libero professionista, anche per quelli presenti sul mercato da più tempo, è importante acquisire rapporti di collaborazione con nuovi assistiti (chi lo nega è un ipocrita). Tuttavia è fondamentale farlo in condizioni di (accettabile) sintonia di vedute. Questo perchè altrimenti si verranno a creare inevitabilmente situazioni di incomprensione o addirittura di conflitto e quindi un rapporto professionale tutto meno che sereno e profittevole. Ecco quindi le motivazioni che ci hanno fatto desistere.

Le due domande poste - soprattutto dopo una conversazione in cui determinati argomenti sono stati a lungo spiegati - hanno dei limiti insormontabili:
  • Non viene considerato il rapporto rischio/rendimento, nè il fattore tempo.
  • L'unico obbiettivo "chiaro" nella mente del nostro interlocutore è una percentuale.
  • Viene sottovalutato il fatto che i risultati avuti in una certa fase sono pesantemente influenzati delle condizioni che si sono presentate in quello specifico periodo. Che sarà comunque diverso da quello che si avvicenderà. E questo indipendentemente da tutte le considerazioni in merito all'efficienza del servizio ricevuto.
  • Il risultato (perlomeno in determinate finestre temporali) non deve "necessariamente" essere misurato con un incremento di patrimonio. Potrebbe anche essere valutato in termini di mancate flessioni. A volte un buon risultato si ottiene con la riduzione di alcuni attivi in liquidità. Ciò al fine di evitare forti decrementi proprio in quegli attivi, senza per questo avere la presunzione di prevedere il futuro. Attività fortunatamente impossibile anche nel campo dell'economia e dei mercati.
  • La garanzia di rendimento (scritta e legalmente riconosciuta) è limitata dalla normativa solo ad alcuni particolari strumenti. Tuttavia questa possibilità, se da una parte offre certezze, dall'altra ha anche una serie di svantaggi che è fondamentale conoscere per fare una scelta non emotiva, ma pienamente consapevole.
  • L'aspettativa che il professionista sia una specie di mago che non subisce mai alcuna flessione e che riesca ad ottenere sempre solo risultati positivi su tutte le classi di attivi e su qualsiasi orizzonte temporale. Ciò è falso, irreale e - se vantato - assolutamente scorretto. Al contrario l'obbiettivo è di raggiungere - nei modi e tempi concordati - una giusta remunerazione su tutto il patrimonio.
Preferiamo quindi non lavorare su presupposti di rendimenti attesi che potrebbero generare false aspettative, quanto cercare soluzioni e attivi che possano generare buone soddisfazioni in termini di rendimenti conseguiti, in un determinato orizzonte temporale.

Lavorare quindi anche con la massima attenzione al ciclo economico che ci si troverà ad attraversare (su cui non sarà possibile intervenire per la soddisfazione del cliente), ma senza cadere vittime dell'emozioni che le oscillazioni a breve dei mercati possono generare.

Crediamo che gli obbiettivi dei clienti non debbano essere identificati con una percentuale, ma piuttosto con una logica operativa. 

Per farci comprendere meglio, proviamo a fare un esempio.

Se il nostro interlocutore avesse in mente un risultato del 4%, questo potrebbe oggi essere conseguito con l'acquisto di Titoli di Stato di lunghissima vita residua. Sottoscrivendo questo strumento, egli avrebbe APPARENTEMENTE conseguito il proprio obbiettivo.

Tuttavia non sarebbe così, in quanto mancano (banalizzando, ma comunque con realismo) alcuni fondamentali elementi da valutare:
  • quale sarà l'andamento futuro dei tassi e quindi l'influenza sul titolo acquistato?
  • quale sarà il livello di solidità dell'emittente nei prossimi anni?
  • se fosse necessario liquidare la posizione prima della scadenza a quale prezzo di mercato questa verrà realizzata? In conto capitale si monetizzerebbe una plus o una minusvalenza?
A queste domande ci possono essere solo due risposte:

a)  Non esiste una risposta certa a nessuna delle domande.
b) Sicuramente uno o più parametri subiranno nel corso degli anni variazioni. Che potrebbero anche  essere importanti quanto rapide.

Allora l'obbiettivo numerico (vincolante) iniziale aveva realmente senso? Non sarebbe stato più corretto, stabilite alcune asset class coerenti alle esigenze del cliente, cercare le migliori soluzioni possibili compatibilmente con i cicli economici che si stanno attraversando? Cercare di ottenere non un risultato ideale prefissato, ma il migliore risultato compatibile con i mercati?

Ogni lettore potrà trovare la personale risposta.



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