Consulenza finanziaria: un termine abusato.

Consulenza finanziaria indipendente.

proviamo a fare un po' di chiarezza...

Attenzione: le immagini - quando presenti e quando possibile - possono essere ingrandite semplicemente cliccandoci sopra.

giovedì 17 febbraio 2011

La consulenza finanziaria in Italia? Probabilmente è come il sesso degli adolescenti.



Oggi prendiamo spunto da un articolo tratto dalla rubrica "L'esperto" della rivista "Il Dirigente" edito da Manageritalia.

A pagina 52 del numero di dicembre 2010 c'e un'interessantissima intervista fatta a Ralph Hababou, direttore generale della società di consulenza PB-RH Conseilin in merito al Customer Service e alla sua evoluzione.

In particolare leggiamo: "... D: Come è cambiato negli ultimi anni il customer service? R: Sono abbastanza pessimista. Ripeto spesso che il customer service è come il sesso per gli adolescenti. Ne parlano in continuazione, pensano solo a quello, lo fanno molto poco e non è abbastanza soddisfacente. Parliamo tanto di questo argomento e mi sembra che ancora oggi come clienti siamo delusi perchè dobbiamo aspettare, non abbiamo le informazioni e i servizi non sono sempre al top."...

Provate ora a sostituire le parole customer service con le parole consulenza finanziaria e avrete la SITUAZIONE ESATTA proprio delle attività di consulenza finanziaria in Italia!

Infatti:
  1. Se ne parla ovunque e in ogni sede. Quasi sempre a sproposito. Infatti il tamtam mediatico promozionale insiste con faziosità su questi due termini senza che se ne conosca il significato esatto.  O perlomeno che si sappia quali forme di consulenza finanziaria esistono; a partire da quella indipendente e da quella che non lo è. Anzi: nella maggior parte dei casi si "gioca con le parole" per creare ancora maggior confusione nella mente dei risparmiatori. Ad esempio scomodando - a sproposito - la lingua di Albione, la fantasia si scatena. Oppure nel caso in cui qualcuno si auto-definisce - in assoluta scorrettezza - consulente finanziario indipendente quando invece opera come promotore finanziario. In questo caso infatti deve operare esclusivamente con un contratto: A) di lavoro subordinato, B) con un contratto di mandato (art. 1703 C.C.) C) con contratto di agenzia (art. 1742 c.c.). NON può quindi banalmente essere indipendente. Il promotore finanziario è un'ottimo lavoro che abbiamo svolto per molti anni e pertanto conosciamo a fondo, esercitato da eccellenti professionisti ma NON può comprendere la consulenza finanziaria e in particolare, quella indipendente. Basti pensare al vincolo del monomandato con l'azienda mandataria.
  2. Viene fatta molto poco e non è abbastanza soddisfacente (per il fruitore). E' normale visto che nel migliore dei casi viene svolta: A) senza libertà assoluta di scelta (non è logicamente possibile instaurare rapporti commerciali con chiunque) B) prevalentemente con i prodotti di "casa" C) con uno schema di rapporto che presuppone la vendita di uno o più prodotti D) privilegiando i prodotti più cari tra quelli disponibili.
  3. Non abbiamo le informazioni. Perchè? La risposta è talmente banale da essere disarmante: meno si sa e meno si è in condizione di tutelare i propri interessi. Il problema delle asimmetrie conoscitive di cui abbiamo già parlato.
  4. Il servizio non è (quasi mai) al top per il semplice fatto che ciò che viene venduto NON è un servizio anche se viene spacciato per tale. Riuscite ad immaginare il vostro notaio, il vostro avvocato o il vostro commercialista che non viene pagato direttamente da VOI per il lavoro che ha svolto SOLO per VOI? Sarebbe ancora una prestazione di servizio? A quale livello di qualità tenderebbe?
Questo porta ad una situazione che - a nostro modestissimo avviso - assomiglia proprio al sesso degli adolescenti.

Ed è anche quanto si legge sulle lettere scritte alla stampa specializzata o che ci viene raccontato nei colloqui con i nostri possibili clienti.

Tuttavia se i risparmiatori per primi cercassero di crearsi un minimo di cultura finanziaria personale forse la situazione cambierebbe e la consulenza finanziaria diventerebbe più simile a ... un'attività adulta.

venerdì 3 settembre 2010

La tattica del polpo (Paul finalmente non c'entra!) Pare pratica ma è estremamente pericolosa.


 
Nei giorni scorsi, mi è venuto in mente un curiosissimo episodio di pesca in apnea (sport di cui sono appassionatissimo) di molti anni fa.

Me ne sono ricordato leggendo un articolo (come sempre tanto semplice, quanto efficace) pubblicato su "Il Sole 24 ore" di domenica 29 settembre u.s., a firma di Marco Liera che ho pensato di allegare. Poche righe di assoluto valore.

Credo quindi interessante raccontare l'episodio per poi trarne alcune conclusioni e spiegare perchè mi è venuto in mente.

Tanti anni fa quasi al tramonto in quell'angolo di paradiso terrestre che è Capo Caccia in Sardegna, stavo facendo una battuta di pesca in apnea. Dopo un po', ormai stanco, ho notato sul fondo (stranamente fuori tana) un grosso polpo che evidentemente mi aveva visto e si era bloccato mimetizzandosi perfettamente. Siccome la cena era già appesa al cavetto, decisi di giocare un po' con lui (forse molti non sanno che il polpo quando capisce che non sta per diventare una preda si lascia toccare facilmente). Iniziò quindi un gioco in cui io scendevo e lo accarezzavo e lui scappava lentamente da un buco all'altro dove si sentiva  evidentemente protetto, ma senza mai intanarsi profondamente. Dopo alcuni minuti è accaduta al povero polpo una cosa quasi incredibile. Una scena che, mentre ero in superficie ad osservarlo, mi ha lasciato esterrefatto. Nell'ennesimo spostamento il polpo (e neanche io da sopra) non ha visto che stava passando davanti ad una tana anche lei "abitata". Da una murena! E' stato un attimo, la murena è parzialmente uscita dal buco, ha assalito il polpo e se l'è trascinato nella tana. Dopo pochi secondi rimanevano solo i sedimenti in sospensione.

Qualcuno si chiedrà cosa c'entri tutto ciò con l'articolo.

Leggetelo e poi vi renderete conto che le analogie possono essere davvero molte.

Ciò che sembra sicuro e conosciuto non necessariamente è il posto migliore in cui (per abitudine) rifugiarsi. Potreste trovare... una murena. Magari non vi mangia ma in quella tana vi rifila qualche... piatto avvelenato.




mercoledì 4 agosto 2010

CONSOB: obbligazioni bancarie. Deficit cognitivi e conflitto di interesse. Ottima combinazione per pessimi risultati. Almeno per gli investitori...


 

Stamattina vogliamo porre l'attenzione su di un articolo de "Il Sole 24 ore" comparso nella sua versione on-line in merito al nuovo "Quaderno della CONSOB", come sempre interessantissimo.


I "Quaderni della CONSOB" sono una serie di documenti che andrebbero letti (tutti!) con la massima attenzione perchè forniscono, a chi decide di dedicare qualche minuto del proprio tempo alla propria formazione e quindi alla propria autodifesa, dati di assoluta rilevanza. Anche questa è una forma di investimento.



Queste vere e proprie testimonianze hanno una caratteristica che ci pare estremamente interessante, anche se per certi aspetti preoccupante: non si tratta di studi teorici con finalità meramente accademica, ma di approfondite analisi di situazioni che quotidianamente chiunque può verificare "sulla propria pelle".

Per i più pigri consigliamo almeno la lettura dell'"Abstract". Sono solo venti righe che forniscono diversi spunti di meditazione. E magari un po' di preoccupazione proprio a coloro che "non hanno tempo" per documentarsi".

Il messaggio che ci pare di leggere quindi è:

ATTENZIONE: non POTREBBE accadere, ma ACCADE che ... !

In questo nuovo quaderno si trattano i problemi legati alla scarsa conoscenza / eccessiva fiducia dei clienti rispetto alle obbligazioni emesse dalle banche, al grave conflitto di interesse che grava sulle stesse, alla scarsissima liquidità (= rivendibilità) di questi titoli, al profilo di rischio che non sempre appare coerente, alla differenza (pesante) di rendimento per i clienti finali rispetto ai clienti istituzionali e molti altri aspetti.

Il risultato che ne deriva è una radiografia particolarmente dettagliata che pone nuovamente l'accento sulla necessità di una maggiore tutela degli investitori finali.

O perlomeno di una loro maggiore conoscenza e attenzione...

lunedì 19 luglio 2010

Scelta dei fondi (OICR): forse non tutti sanno che... Breve analisi di uno studio di Mediobanca.


Oggi vorremmo fare alcune considerazioni in merito a un importante studio ( http://www.mbres.it/ita/mb_pubblicazioni/fondi.htm ) che annualmente Mediobanca redige in merito ai fondi comuni e Sicav (OICR = Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) distribuiti in Italia  (94% del sistema in termini di patrimonio) con riferimento, in particolare, alla loro efficienza relativa ai risultati conseguiti vs. benchmark. Quindi verso il mercato in cui teoricamente dovrebbero investire.
Si tratta di un'indagine particolarmente utile in quanto evidenzia sia la quantità che la qualità delle performance che mediamente i gestori riescono ad ottenere. Non vengono considerati peraltro altri fattori quali la gestione del rischio ecc.
Riteniamo questa analisi particolarmente utile perchè può fornire una prima risposta ad una richiesta molto sentita da parte di un investitore cosciente: "le commissioni che pago regolarmente sono giustificate dai risultati ottenuti?" Soprattutto in tempi di mercati difficili in cui ottenere buone performance diventa particolarmente complesso, questo primo livello di approccio diventa importante anche se certamente non esaustivo.

Prima di iniziare però una considerazione. E' vero che spostando "la finestra temporale" di un periodo di analisi i risultati possono variare parecchio. E' anche vero tuttavia, che lo studio viene svolto sia su diversi anni, sia su diversi orizzonti temporali e per questo ci pare possa essere una buona base di ragionamento. Comunque strumento gestito e bencmark (mercato) sono valutati nello stesso periodo di tempo.

Proviamo ad analizzare la seguente tabella (facendo click sulla stessa per ingrandirla):


Incredibilmente (e non ci pare un termine esagerato) si evince che TUTTE le TIPOLOGIE di fondi e su TUTTI gli ANNI oggetto di analisi non riescono a battere il loro mercato di riferimento. La situazione è ancora più grave in riferimeno agli OICR obbligazionari e monetari.

Analizziamo ora il seguente grafico (facendo click sullo stesso per ingrandirlo):


Appaiono chiari alcuni dati che crediamo non necessitino di particolari commenti:
  1. Nell'ultimo anno analizzato, (a meno che siate Gastone della Disney) avete la certezza (dall'82 all'87%) di sottoscrivere un fondo che non riesce a battere il suo mercato di riferimento!
  2. Nell'ultimo biennio analizzato, la certezza di sottoscrivere un fondo che non riesce a battere il suo mercato di riferimento aumenta (dall'95 all'97%)!
  3. Nell'ultimo quinquennio analizzato, la certezza di sottoscrivere un fondo che non riesce a battere il suo mercato di riferimento può arrivare al 100%! Con un deciso peggioramento nell'ultimo arco temporale considerato.
    Quali le conclusioni?
    • La scelta degli OICR da utilizzare richiede un livello di conoscenza tecnica e di sistemi di analisi che non sono alla portata di qualunque risparmiatore.
    • A volte (sovente...) succede che strumenti di gestione "passiva" possano ottenere risultati pari almeno a quelli del mercato di riferimento. Quindi, anche grazie a minori di gestione decisamente minori, si ottengono risultati assoluti assai più soddisfacenti.
    • Non sempre gli evidenti vantaggi teorici di un fondo comune di investimento si manifestano in termini di migliore performance rispetto al mercato su cui si è deciso di investire. Occorre quindi una disamina costante e approfondita dei risultati (anche in termini di extrarendimento).
    A breve dovrebbe essere pubblicato il nuovo studio. Sarà interessante valutare i nuovi risultati.

    venerdì 2 luglio 2010

    Quanto mi fa guadagnare? Il peggiore tra tutti i possibili approcci...



     


    La scorsa settimana ci è venuto a trovare in Studio un possibile nuovo cliente che ci è stato indirizzato da un nostro assistito.
    Durante l'incontro abbiamo innanzitutto ascoltato per capire e valutare con attenzione le caratteristiche, il profilo di rischio, le esigenze del nostro interlocutore. Per quanto invece ci conviene, abbiamo  spiegato come amiamo svolgere la nostra attività, ciò che riteniamo corretto e ciò che non desideriamo fare. Abbiamo anche spiegato che cerchiamo di lavorare senza fretta e - possibilmente - senza ansia. Il nostro obbiettivo è cercare di ottenere efficienza piuttosto che inseguire le performance.
    L'incontro è proseguito in modo apparentemente proficuo fino a quando, verso la fine, ci sono state poste due domande che ci hanno lasciato senza parole e che ci hanno fatto propendere all'abbandono della possibile consulenza:
    1. Quanto mi fate guadagnare, se decido di collaborare con voi?
    2. Con il mio intermediario guadagno x%. Mi garantite che con voi guadagnerò di più?
    Per qualunque libero professionista, anche per quelli presenti sul mercato da più tempo, è importante acquisire rapporti di collaborazione con nuovi assistiti (chi lo nega è un ipocrita). Tuttavia è fondamentale farlo in condizioni di (accettabile) sintonia di vedute. Questo perchè altrimenti si verranno a creare inevitabilmente situazioni di incomprensione o addirittura di conflitto e quindi un rapporto professionale tutto meno che sereno e profittevole. Ecco quindi le motivazioni che ci hanno fatto desistere.

    Le due domande poste - soprattutto dopo una conversazione in cui determinati argomenti sono stati a lungo spiegati - hanno dei limiti insormontabili:
    • Non viene considerato il rapporto rischio/rendimento, nè il fattore tempo.
    • L'unico obbiettivo "chiaro" nella mente del nostro interlocutore è una percentuale.
    • Viene sottovalutato il fatto che i risultati avuti in una certa fase sono pesantemente influenzati delle condizioni che si sono presentate in quello specifico periodo. Che sarà comunque diverso da quello che si avvicenderà. E questo indipendentemente da tutte le considerazioni in merito all'efficienza del servizio ricevuto.
    • Il risultato (perlomeno in determinate finestre temporali) non deve "necessariamente" essere misurato con un incremento di patrimonio. Potrebbe anche essere valutato in termini di mancate flessioni. A volte un buon risultato si ottiene con la riduzione di alcuni attivi in liquidità. Ciò al fine di evitare forti decrementi proprio in quegli attivi, senza per questo avere la presunzione di prevedere il futuro. Attività fortunatamente impossibile anche nel campo dell'economia e dei mercati.
    • La garanzia di rendimento (scritta e legalmente riconosciuta) è limitata dalla normativa solo ad alcuni particolari strumenti. Tuttavia questa possibilità, se da una parte offre certezze, dall'altra ha anche una serie di svantaggi che è fondamentale conoscere per fare una scelta non emotiva, ma pienamente consapevole.
    • L'aspettativa che il professionista sia una specie di mago che non subisce mai alcuna flessione e che riesca ad ottenere sempre solo risultati positivi su tutte le classi di attivi e su qualsiasi orizzonte temporale. Ciò è falso, irreale e - se vantato - assolutamente scorretto. Al contrario l'obbiettivo è di raggiungere - nei modi e tempi concordati - una giusta remunerazione su tutto il patrimonio.
    Preferiamo quindi non lavorare su presupposti di rendimenti attesi che potrebbero generare false aspettative, quanto cercare soluzioni e attivi che possano generare buone soddisfazioni in termini di rendimenti conseguiti, in un determinato orizzonte temporale.

    Lavorare quindi anche con la massima attenzione al ciclo economico che ci si troverà ad attraversare (su cui non sarà possibile intervenire per la soddisfazione del cliente), ma senza cadere vittime dell'emozioni che le oscillazioni a breve dei mercati possono generare.

    Crediamo che gli obbiettivi dei clienti non debbano essere identificati con una percentuale, ma piuttosto con una logica operativa. 

    Per farci comprendere meglio, proviamo a fare un esempio.

    Se il nostro interlocutore avesse in mente un risultato del 4%, questo potrebbe oggi essere conseguito con l'acquisto di Titoli di Stato di lunghissima vita residua. Sottoscrivendo questo strumento, egli avrebbe APPARENTEMENTE conseguito il proprio obbiettivo.

    Tuttavia non sarebbe così, in quanto mancano (banalizzando, ma comunque con realismo) alcuni fondamentali elementi da valutare:
    • quale sarà l'andamento futuro dei tassi e quindi l'influenza sul titolo acquistato?
    • quale sarà il livello di solidità dell'emittente nei prossimi anni?
    • se fosse necessario liquidare la posizione prima della scadenza a quale prezzo di mercato questa verrà realizzata? In conto capitale si monetizzerebbe una plus o una minusvalenza?
    A queste domande ci possono essere solo due risposte:

    a)  Non esiste una risposta certa a nessuna delle domande.
    b) Sicuramente uno o più parametri subiranno nel corso degli anni variazioni. Che potrebbero anche  essere importanti quanto rapide.

    Allora l'obbiettivo numerico (vincolante) iniziale aveva realmente senso? Non sarebbe stato più corretto, stabilite alcune asset class coerenti alle esigenze del cliente, cercare le migliori soluzioni possibili compatibilmente con i cicli economici che si stanno attraversando? Cercare di ottenere non un risultato ideale prefissato, ma il migliore risultato compatibile con i mercati?

    Ogni lettore potrà trovare la personale risposta.



    venerdì 11 giugno 2010

    Bang, Boom, Crash, Sgnap, Wow, Ahi, Ooops. Come umilmente cerchiamo di evitare che i nostri clienti debbano usare queste espressioni...



    Oggi, torniamo a parlare di consulenza finanziaria indipendente e di come amiamo svolgere questa attività.
    Occorre però fare una premessa: questa è (veramente) una libera professione e quindi ci sono spazi illimitati per intenderla e costuirsi su misura un "abito" lavorativo con cui operare. Quanto scriveremo è quindi espressione del nostro pensiero e, di conseguenza, vogliamo affermare il massimo rispetto (umano e professionale) per chi opera e ha idee diverse. Precisiamo infine che i nostri clienti non hanno animi da speculatori ma desiderano innanzitutto difendere i loro portafogli (fatto questo che non significa che anelino a guadagnare quanto offerto dal loro C/C).

    +2% -3% +1,5% -4% ecc.
     
    Sembrano i numeri estratti da un folle e invece sono i risultati che ultimamente si possono leggere in merito alle chiusure dei listini dei principali mercati internazionali. Giorno su giorno! Non solo: in alcune occasioni percentuali simili si sono viste durante la singola sessione.

    Dovendo allocare (o monitorare) un portafoglio è quindi normale chiedersi come fare scelte operative ragionevoli in queste condizioni. Scelte sopratutto non penalizzanti per i nostri assistiti.

    Siccome le previsioni le lasciamo volentieri al mago Othelma (*) cerchiamo di muoverci secondo altre linee guida che cercheremo di spiegare. Chi avrà dei dubbi non esiti a contattarci.

    1. Evitare nei limiti del possibile di prendere botte da orbi - Uno dei lussi professionali che si può prendere un consulente finanziario indipendente è quello di consigliare al proprio assistito di non fare assolutamente nulla. Anzi per essere ancora più chiari: di stare (sia in parte, sia totalmente) liquido cioè fermo con i soldi sul C/C. E' un lusso perchè altri - nella stessa situazione - non avrebbero fonte di guadagno alcuna. Ne consegue che il cliente può avere  (la certezza non è di questa terra) la seria possibilità di non prendere "botte da orbi" da mercati isterici. E la mancata perdita è già di per se un'eccellente forma di guadagno. A volte crediamo sia più onesto dire: "In questo momento non so cosa fare. Stiamo fuori o fermi" piuttosto che cercare effetti speciali e cadere in situazioni di azzardo o assoluta casualità.
    2. Evitare (come scelta professionale di fondo) di fare trading o meglio timing (è  la ricerca del momento migliore per comprare o vendere un titolo). Il motivo è evidente dal grafico che potete vedere in alto. Il timing ha effettivamente un'importanza enorme nei primi giorni di allocazione del portafoglio. Bisogna tuttavia ricordare che questa influenza può essere tanto positiva quanto negativa indipendetemente dalla qualità del portafoglio. Non solo: il vantaggio del timing si riduce pensantemente nel tempo.  
    3. Una allocazione di portafoglio orientata in modo "quasi ossessivo" a due aspetti: 1) il possibile contenimento del rischio 2) la scelta in assoluta libertà degli strumenti più efficienti per l'obbiettivo concordato con il proprio assistito.
    4. Una allocazione di portafoglio realmente coerente alle reali esigenze del cliente. Il gioco di parole vuole focalizzare chi ci legge sul fatto che è necessario: a) valutare e capire a fondo sia (in primis!) il profilo di rischio sia i veri desiderata del singolo cliente b) verificato il punto precedente cercare di utilizzare strumenti o prodotti finanziari che soddisfino questi punti e non i budget di vendita. A queste condizioni (se anche le esigenze manifestate sono quelle reali) il portafoglio avrà ottime possibilità di svilupparsi con soddisfazione sia per il cliente che per il professionista. Detto altrimenti: la possibilità di sbagliare il timing verrà ragionevolmente ridimensionata a favore di un risultato che si svilupperà a tempo debito e con un lavoro di verifica costante.
    5. Usare la politica dei piccoli passi. Operare in acquisto come in vendita facendo una serie di "piccoli" acquisti piuttosto diluiti nel tempo. Questa modalità espone al rischio di non investire tutta la classe di attivo ad un prezzo più basso e quindi di trovarsi a fare alcuni acquisti a prezzi più alti. Però (in queste condizioni di isteria) evita anche di ritrovarsi (ahimè con il senno del poi) a rimpiangere di aver acquistato tutto a un prezzo particolarmente sfavorevole.
    Operando in questo modo, i risultati ci confortano, e i nostri assistiti non si trovano mai a fare le esclamazioni che abbiamo scherzosamente citato nel titolo.

    Cordiali saluti.

    (*) In verità le cose che ci differenziano dal famoso mago sono molte. A cominciare dal look...

    domenica 23 maggio 2010

    Ma perchè la Merkel si comporta quasi come se fosse un elefante impazzito? (2)

    Ho ricevuto, in altra sede, un commento che ho trovato interessante e al quale tenterò di dare una risposta con l'intenzione di aprire una discussione costruttiva che possa essere utile a molti.

    Il commento è stato: "troverei più utile commenti sui comportamenti dei nostri politici in questo momento!!!"

    Ringrazio per l'intervento, ma, pur nel rispetto delle opinioni altrui, ritengo invece poco produttivo parlare dei comportamenti dei nostri politici.

    Questo per una serie di ragioni che forse non ho chiarito bene e quindi credo giusto analizzare:

    1. La sig.ra Merkel è alla guida di un Paese che (almeno economicamente) è  il più importante dell'area Euro. Di conseguenza le sue esternazioni hanno un peso estremamente rilevante sulle economie di TUTTI i paesi della UE.
    2. La cancelliera è alla guida di un Paese che è ritenuto uno dei più solidi nell'area Euro. Non a caso quanto si valuta un obbligazione statale il paragone è praticamente sempre vs titoli di stato tedeschi. Forse qualcuno avrò sentito l'espressione "BTPvsBund" che esprime il maggior rischio del nostro decennale contro l'equivalente tedesco. NON è mai esistito il contrario.
    3. La BCE è stata da sempre "caldamente guidata" dalla Germania della cui Banca Centrale ha assorbito pregi e difetti. In particolare una spasmodica (alcuni famosi economisti definiscono esagerata) attenzione all'inflazione. Nuovamente quindi i pareri che da quel paese derivano, sono interpretati con notevole influenza dai mercati mondiali. Quindi - nella realtà e molto praticamente - per i mercati è ben chiaro che se la Germania dice bianco al massimo la BCE arriva a dire grigio chiaro.
    4. Proprio la notevole stabilità che giustamente le viene riconosciuta, (insieme al ruolo trainante nell’economia area UE), pone la Germania e chi la guida in condizione di particolare influenza sui mercati e quindi sull’economia mondiale reale (cioè quella che tocca la vita quotidiana di chiunque).
    Quindi per i motivi che ho brevissimamente accennato sopra ritengo (nella massima umiltà) che la cancelliera e il suo governo dovrebbero esprimersi con maggiore cautela. Lo stesso mi sembrerebbe corretto quando intraprendono certe azioni. Proprio per il peso che hanno e per le conseguenze a cui possono portare. Non è casuale che lo stesso concetto sia stato espresso con toni diversi da molti famosi economisti, da giornalisti specializzati ed addirittura da diversi esponenti di altri (importanti) governi non solo europei. D’altra parte credo che i danni creati proprio da queste due ultime “uscite” (Tira e molla sulla Grecia e poi il blocco dell’operatività short) siano tanto pesanti quanto insindacabili. Basta aprire “Il Sole 24 ore” dei periodi citati per averne prova.

    Anzi, c’è un’altra importante considerazione che vorrei proporre a chi legge queste note. Chi è stato più danneggiato da questi fatti? I paesi nell’area nord europea o quelli dell’area mediterranea? Chi ne ha pagato il prezzo più caro in termini di: aumento di rischio paese>maggiori rendimenti>maggior deficit>maggiori tagli di spesa pubblica (visto che non è più possibile aumentare le entrate) e di conseguenza serio rischio di rallentamento (e quindi nuovamente minori entrate e maggior deficit)? Ora, visto il tipo di industrie presenti in Germania e quelle degli altri paesi mediterranei sarà ragionevole un’altra conseguenza: che i piccoli paesi (il cui mercato di sbocco è prevalentemente quello UE) soffriranno ancor di più, mentre la Germania avrà meno difficoltà a spostare (per lei in modo molto più "semplice") le sue esportazioni dalla UE al resto del mondo. Tanto l’euro scende …

    Perché non ho parlato dei politici italiani ? Perchè il mio intervento era focalizzato sulle conseguenze sui mercati finanziari internazionali e sull'economia (anche i nostri) di alcuni fatti.

    a)    Qualcuno se li immagina i commenti sui mercati se uno solo dei nostri politici (partendo dall’estrema destra fino all’estrema sinistra) imponesse al suo governo ad esempio il blocco dell’operatività short sul mercato italiano come ha fatto la Germania? La conseguenza sarebbe sicuramente una ventata di ilarità nelle sale operative e – probabilmente – un aumento dello spread btp/bund Le vignette e gli acronimi (ricordate l'offensivo PIGS?) si sprecherebbero.
    b)    Probabilmente l’unico che a livello mondiale viene realmente ascoltato (eccome!) è Mario Draghi. Che NON è un politico.
    c)    Quale può francamente essere il peso dei nostri politici rispetto ai precedenti punti 1-4? Quale l’influenza sulle politiche economiche UE e sulla BCE?!?
    d)    Credo che molti abbiano già la nausea dei commenti sui nostri politici e quindi volevo evitare di ripetere cose già dette e ridette mille volte.

    Ultima considerazione: nell’ultimo paragrafo del post precedente, ho fatto precisi riferimenti ad aspetti che potrebbero riguardare anche i politici italiani.

    Purtroppo credo che, al di là della demagogia trita di cui sono più o meno maestri, in realtà  i politici siano TUTTI estremamente lontani da coloro che li eleggono.

    Quindi, pur essendo orgoglioso del mio Paese, ho creduto poco produttivo parlare proprio dei politici italiani.

    Purtroppo.